Brevi meditazioni bibliche da Risveglio Pentecostale
di Germano Giuliani
Parola - Fede - Azione
"Poi, venuta la sera, gli presentarono
molti indemoniati; ed egli, con la parola, scacciò gli spiriti e guarì tutti i
malati"
(Matteo 8:16)
Nel vangelo di Matteo leggiamo che Gesù con la parola scacciò gli
spiriti e guarì tutti i malati. Il potere della parola, guidata e sostenuta
dallo Spirito Santo, ma comunque pronunciata dall'uomo, non è mai
sufficientemente considerato, apprezzato ed utilizzato dai cristiani e sempre
meno da quelli battezzati nello Spirito Santo.
Chi presume di essere dotato di una certa conoscenza o cultura
teologica, spiega che l'uso della parola cristiana ha uno scopo ed un risultato
unicamente psicologico. Ad esempio, riferendoci al testo di Matteo ora citato,
l'ordinare agli spiriti maligni ed alle malattie di abbandonare i corpi degli
uomini è semplicemente un discorso che produce sulla mente dell'indemoniato e
del malato una forma di suggestione tale da modificare la sua condizione
psico-fisica negativa, dando inizio ad una condizione diversa.
Questa spiegazione la lasciamo a psicologi a ragionatori di
piccolo calibro, concludendo tuttavia, che se ciò fosse possibile, sarebbe
opportuno che i medici cambiassero radicalmente le loro terapie e che con loro
tutti gli uomini imparassero a parlare in maniera tale da beneficare il loro
prossimo. Ciò nonostante, prendiamo atto che anche il mondo laico riconosce di
possedere ed usare una parola col potere di guarire o di ferire, di vivificare
o di distruggere. Solo Cristo ha parole dotate del potere di produrre vita
esuberante ed eterna: "Simon Pietro gli rispose 'Signore, da chi
andremo noi? Tu hai parole di vita eterna ' " (Giovanni 6:68); "… Io
son venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Giovanni
10:10).
La parola divina.
L'uso, gli scopi ed i risultati della parola, quando questa è
strettamente connessa alla Parola di Dio, devono dimostrare autorità divina,
ovvero lo strumento che esprime questa parola deve avere una stretta attinenza
con la persona di Dio, e ciò avviene per mezzo dello Spirito Santo che risiede
nello strumento stesso. Ciò non dà adito alla costituzione di un superman, ma a
quello dell'uomo vero, l'uomo rigenerato da Cristo.
Ma qui si vorrebbe rimarcare la necessità e l'importanza dell'uso
della parola fisica, del pensiero e della convinzione che non restano realtà
astratte, ma vengono tradotti in parola sonora.
La prima dimostrazione della necessità e dell'importanza di questa
parola ci viene da Dio stesso. Tutta la creazione cosmica è scaturita, oltre
che dalla volontà, dal pronunciamento di precise parole da parte del Creatore.
Il Padre voleva: la Parola esprimeva questa volontà, comandava ed attuava; lo
Spirito Santo aleggiava su tutto, nel senso di spandere ovunque l'infinita
intelligenza e potenza di Dio "nel principio Dio creò i cieli e la
terra. La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso
e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque" (Genesi
1:1,2). Fin dalle prime battute della Bibbia la Trinità è presente quale
artefice della creazione: "nel principio Iddio (Padre) creò…"; "lo Spirito di Dio (Spirito Santo)
aleggiava…"; "e Dio disse (e qui
appare la Parola-Figlio)…".
Questa non è un'interpretazione arbitraria. La Bibbia ci conferma
che la Parola, cioè Cristo, è l'artefice di ogni cosa presente nella creazione "nel
principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era
nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei
neppure una delle cose fatte è stata fatta.", come anche lo Spirito o
Soffio di Dio ha la facoltà di creare "… in verità, in verità ti
dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di
Dio. Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito,
è spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: "Bisogna che nasciate di
nuovo". Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né
da dove viene né dove va; cos' è di chiunque è nato dallo Spirito"
(Giovanni 3:5-8); "Detto questo, soffiò su di loro e disse
'Ricevete lo Spirito Santo ' " (Giovanni 20:22). (Da leggere anche
Genesi 2:7; Giobbe 27:3; 32:8; 33:4; Atti 2:2-4; Luca 1:30-35.
Ebbene non poteva la Trinità creatrice fare ogni cosa mediante la
sola formulazione di un pensiero, di un atto di volontà inespressa, cioè senza
ricorrere alla formulazione di parole vere e proprie? No, il Creatore non volle
collocare nell'universo cosmico alcuna cosa che non fosse stata ordinata dalla
Sua parola. Per ben quattordici volte la Sua parola interviene nella creazione:
"Dio disse…". In questo ed in molti
altri casi l'apparizione fisico-acustica (parola) del pensiero ha prodotto la
concretizzazione del pensiero stesso.
Prevalentemente (cioè senza generalizzare), si può asserire che un
desiderio, un pensiero, un sentimento di fede, che corrisponda ad un preciso
volere divino "Questa è la fiducia che abbiamo in Lui; che se
domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo
che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose
che gli abbiamo chieste." (1 Giovanni 5:14,15), non si realizza se non
viene espresso dalla voce umana. A sostegno di ciò potremmo considerare la
difesa di Paolo in riguardo al diritto di affermare e promulgare con la parola
le grandi verità di Dio. "Ma siccome abbiamo lo stesso spirito di fede
che è in quella parola della Scrittura; ho creduto, perciò ho parlato, anche
noi crediamo e perciò parliamo" (2 Corinti 4:13).
Potremmo minimamente pensare di diffondere il Vangelo di Gesù Cristo
senza aprire la bocca? Quali sarebbero i risultati? Qualcuno vorrebbe che le
cose andassero proprio così, che l'insegnamento di Cristo non fosse mai
riportato a viva voce, che si fondasse unicamente su silenziosi e mistici
atteggiamenti. Ma Gesù ha parlato, Gesù ha detto : "Andate e
predicate"(Matteo 16:15)! "Quello che io vi dico nelle
tenebre, ditelo voi nella luce; e quello che udite dettovi all'orecchio,
predicatelo sui tetti" (Matteo 10:27), perciò anche noi parleremo! Ci
sarà un effetto!
Gli apostoli Pietro e Giovanni, intimate dalle autorità religiose
del loro tempo "di non parlare né insegnare affatto nel nome di
Gesù", risposero: "Quanto a noi non possiamo non parlare delle
cose che abbiam vedute ed udite…
giudicate voi se è giusto, nel cospetto di Dio, di ubbidire a voi anzichè a Dio" (Atti 4:12-18).
Bisogna quindi parlare ed usare la parola con pertinenza,
contrassegnata dallo Spirito Santo, il quale non tratta che le cose di Dio in
relazione alla salvezza degli uomini "guardatevi dagli uomini perché vi
metteranno in mano ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e
sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per servire di
testimonianza davanti a loro ed ai pagani. Ma Quando vi metteranno nelle loro
mani, non preoccupatevi di come parlerete o di quello che dovrete dire; perché
in quel momento stesso vi sarà dato ciò che dovrete dire. Poiché non siete voi
che parlate, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi" (Matteo
10:17-20), (leggere anche Atti 6:10; Matteo 28,19,20). Ripetiamo: nel vero
cristiano si deve manifestare la stessa natura e spirito presente nel parlare
di Dio, proprio perché gli è figliuolo: "Ora siamo figliuoli di Dio… nati da alto": "… ma a tutti quelli che
lo hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio: a quelli,
cioè, che credono nel suo nome" (Giovanni 1:2); (leggere
Giovanni 3:7, 1Giovanni 3:2).
Fede e parola.
Se la parola è il mezzo più immediato per esprimere la fede, i
risultati sono quelli che ne confermano la validità “infatti, se la parola
pronunciata per mezzo di angeli si dimostrò ferma ed ogni trasgressione e
disubbidienza ricevette una giusta retribuzione, come scamperemo noi se
trascuriamo una così grande salvezza? Questa, dopo essere stata annunciata
prima dal Signore, ci è stata poi confermata da quelli che lo avevano udito…” (Ebrei 2:2-4).
Non è detto che il parlare del cristiano sia sempre dimostrativo
di quella fede che si traduce in certi fatti concreti come i miracoli, ma è
vero che al miracolo si giunge quasi sempre attraverso l’uso della parola
pronunciata.
Gesù credeva fermamente di poter scacciare gli spiriti maligni e
di guarire le malattie e si serviva della parola per esteriorizzare questa sua
fede. A seguito di ciò le cose che credeva diventavano fatti concreti.
La timidezza (incertezza di fede) o addirittura la mancanza di
fede ci impediscono di esprimerci coraggiosamente attraverso la parola per
raggiungere risultati che del resto sono previsti e garantiti da Dio. A molti è
troppo cara la propria “buona reputazione” di stampo laico-sociale,
più cara della reputazione cristiana, e di conseguenza non osano esprimere a
viva voce le loro convinzioni cristiane, la loro certezza interiore delle
dichiarazioni divine atte a produrre l’eccezionalità, cioè il miracolo e tutto
ciò che non rientra nel comune modo di pensare della società umana in generale,
la quale si fonda sempre più su un razionalismo che esclude il soprannaturale e
pertanto il divino.
In questo stato di timidezza (o di effettiva incredulità) si
formulano tuttalpiù delle richieste a Dio silenziose,
intime e pertanto non soggette a giudizi e valutazioni e critiche esterne. Ma
se questa procedura, nella prima fase della nostra conversione a Cristo può
dare un qualche risultato positivo, si può essere certi che se in seguito non
si passa alla verbale confessione della fede, al coraggio di proclamare, tipico
di una maturità spirituale, difficilmente potremo fare affidamento su pensieri
rimasti senza parole: il silenzio darà per risultato il silenzio.
Dio ci tiene a dimostrare che la sua parola è efficace, che la sua
parola protrae nel tempo il suo potere creativo “e come la pioggia e la neve
scendon dal cielo e non vi ritornano senza aver
annaffiata la terra, senz’averla fecondata e fatta germogliare si da dar seme
al seminatore e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia
bocca: essa non torna a me a vuoto, senz’aver compiuto ciò ch’io voglio, e
menato a buon fine ciò per cui l’ho mandata” (Isaia 55:10,11). La parola di
Dio è la “Parola della vita”, trasmessa al mondo da gente che ha parlato e che
ancora parla. Anche noi dobbiamo servirci di essa, come i profeti se ne sono
serviti, per comunicare in ogni tempo e all’umanità la salvezza, la
rigenerazione spirituale, la redenzione, la vita, la liberazione dal maligno,
la guarigione dalle malattie, la giustizia divina, l’amore, la santità, tutto
quel che rientra nella “Nuova Creazione” (paligenesi)
che ha il suo inizio qui sulla terra.
La parola, quando è da Dio, non conosce sconfitte.
Se siamo figliuoli di Dio, ripieni di Spirito Santo, sinceramente
votati alla causa di Cristo, desiderosi del bene altrui, dobbiamo anche noi
aver fede, come l’apostolo Paolo, che il nostro parlare non sarà mai a vuoto e
che i dubbi, i timori, gli ostacoli che un mondo abbandonato al potere di
Satana vorrebbe inserire tra i cristiani, perdono la loro efficacia di fronte a
questa dichiarazione divina: “Non temere, ma parla e non tacere, perché io
sono con te, e nessuno metterà le mani su di te per farti del male: poiché io
ho un gran popolo in questa città” (Atti 18:9,10).
Dio ponga in noi tanta fede da poter sfidare la “città del mondo”
con la sua potente e vivificante parola!
L’azione.
Agli stimoli prodotti dallo Spirito Santo sulla nostra coscienza,
noi dobbiamo far seguire, oltre ad una condotta santa, la ferma determinazione,
di agire, operare. Non dobbiamo essere passivi: c’è qualcosa che a prescindere
dalla potenza di Dio noi e soltanto noi dobbiamo fare. Al parlare deve
abbinarsi il servire, allora Dio potrà usarci. La nostra spontanea
disponibilità al servizio cristiano è apprezzato da Dio, tanto che Gesù dice: “Se
uno mi serve, mi segua (dimostrando autodeterminazione, buona volontà);
e là dove sono, quivi sarà anche il mio servitore (dimostrando uguaglianza
di intenti e di procedura); se uno mi serve, il Padre lo onorerà (parità
di successo)” (Giovanni 12:26).
Però è sempre Gesù a dire: “Se uno ha vergogna di me e delle
mie parole (mancata testimonianza verbale della fede), il Figluol dell’uomo avrà vergogna di lui, quando verrà nella
gloria sua e del Padre e dei santi angeli” (Luca 9:26).
Mascherare o nascondere la nostra natura di figliuoli di Dio, di
veri cristiani, tacendo, ostentando un’intesa con lo spirito del mondo ci
impedisce di diventare strumenti dimostrativi della potenza liberatrice e della
gloria di Dio sulla terra e di esserne partecipi poi nei cieli.
Non credo che quando Pietro e Giovanni guarirono lo zoppo che
elemosinava ad una porta del tempio, intervennero perché spinti da una particolare,
occasionale sollecitazione dello Spirito Santo. Il loro scopo in quella
circostanza era quello di entrare nel tempio sapendo che a quell’ora c’era una
riunione di preghiera. Ma sulla porta si imbatterono nell’elemosinante e,
convinti di potergli dare molto di più di quel che chiedeva, usarono la parola
per liberarlo dalla sua infermità. Fecero appello alla loro fede e la
dimostrarono con la parola e con l’azione. Erano consapevoli, perché credevano
veramente di poter esercitare le eccezionali virtù che il loro Maestro e
Salvatore aveva esercitato e aveva loro, ma non solo a loro, conferito “or
questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: nel nome
mio cacceranno i demoni; parleranno in lingue nuove; prenderanno in mano dei
serpenti; e se pur bevessero alcun che di mortifero, non ne avranno alcun male;
imporranno le mani sugli infermi ed essi guariranno” (Marco 16:17,18).
Erano sempre stati da Lui incoraggiati ad usare queste virtù “e la mattina
tornando in città, ebbe fame. E vedendo un fico sulla strada, gli si accostò,
ma non vi trovò altro che delle foglie; e gli disse: mai più in eterno non
nasca frutto da te. E subito il fico si seccò. E i discepoli, veduto ciò, si
meravigliarono, dicendo: come s’è in un attimo seccato il fico? E Gesù,
rispondendo, disse loro: io vi dico in verità: se aveste fede e non dubitaste,
non soltanto fareste quel che è stato fatto al fico; ma se anche diceste a
questo monte: togliti di la e gettati nel mare, sarebbe fatto. E tutte le cose
che domanderete nella preghiera, se avete fede, le otterrete” (Matteo 21:18-22),
ed ora era giunto il momento. Non usarono poteri paranormali, ma quelli normali
di un uomo spiritualmente rigenerato da Dio, e fra questi quello della fede e
della parola. Scrutarono profondamente lo sguardo dell’infermo, non per
ipnotizzarlo, ma per scoprirvi almeno un barlume di fede, per richiamare la sua
attenzione su quanto stavano per dire e fare: “Oro ed argento non ne ho”,
disse Pietro, smantellando così la solida aspettativa dello zoppo, “ma
quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno cammina” (Atti
3:8). E quello camminò, anzi si mise a saltare, pieno di vita e di gioia.
Quel che abbiamo ricevuto, come figliuoli di Dio che non si
limitano a teorizzare, a ragionare e a discutere teologicamente la parola di
Dio, ma la vivono, va verbalmente dichiarato e poi donato. E’ a seguito della
nostra verbale dichiarazione di fede che la potenza di Dio entra in azione ed
il Signore viene glorificato “e tutto il popolo lo vide che camminava e
lodava Iddio” (Atti 3:9).
Agli inizi della mia conversione avevo strettamente afferrato uno
di questi insegnamenti di Gesù che, se non trasformano gloriosamente l’uomo, lo
lasciano sgomento e più che mai impotente: “… quel che chiederete nel nome
mio, lo farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figliuolo…
Se chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò” (Giovanni 14:13,14).
Due delle mie prime sensazioni richieste furono presentate
silenziosamente: formulai un pensiero dentro me, costruito con le parole prese
di sana pianta dal Vangelo, in quanto non avrei saputo come pregare con le
parole mie, inoltre ero circondato da persone che sapevo incredule, tuttavia il
Signore mi rispose prontamente.
Nel primo caso, una donna di circa ottant’anni, ricoverata in
ospedale per una frattura multipla della base cranica, riportata in un
incidente stradale, né uscì subito dopo il periodo necessario ad effettuare gli
accertamenti ed a stabilire la prognosi, perfettamente guarita. Più tardi un
amico, primario traumatologo, mi confermò che non poteva trattarsi che di un
miracolo, dandomi tutte le spiegazioni scientifiche per cui sarebbe stato
impossibile a quell’età cavarsela in così pochi giorni.
Nel secondo caso, i miei due figli gemelli, neonati, furono
liberati, all’istante della mia richiesta, da febbre altissima e da
dissenteria, che da giorni li consumava, causata da una gastroenterite acuta.
Il pediatra, che aveva fatto il possibile per salvarli, si era però alla fine
rassegnato a vederli morire, come ci confessò, quando invece il Signore li
rimise in vita. Anche questo medico dichiarò a mia moglie che doveva ritenere
quella guarigione miracolosa.
Ma ecco che in altri casi la mia fede ha dovuto essere dimostrata
dalla parola, come per la liberazione di una donna da un carcinoma alla gola
con metastasi diffusa e di un’altra da una forma di tubercolosi epidermica.
Ho dovuto riconoscere nel tempo la doverosa necessità di
proclamare la parola della fede, sia per liberazioni da malattie, sia per
annunciare il vangelo della vita eterna. Quando l’apostolo Pietro parlò
ai giudei, dopo la Pentecoste, circa tremila persone cedettero e si aggiunsero
alla Chiesa: efficacia della parola e dello Spirito Santo che operano insieme!
Oggi il mondo si va riempiendo di parole ingannevoli, di vanità,
di ipocrisia religiosa, di ateismo ed apostasia, in misura tale da vietare,
imprigionare, annientare, se fosse possibile, la Parola della vita. Ma “La
parola di Dio non è incatenata!” (2 Timoteo 2:9).
Lo Spirito Santo ribadisce a coloro che vorrebbero tappare la
bocca ai cristiani: “voi non avete la parola di Dio dimorante in voi… la Mia parola non penetra in voi… voi non potete dare ascolto alla Mia parola.
Voi siete progenie del diavolo…” (Giovanni 8).
In quanto ai cristiani di questi ultimi tempi, l’esortazione è di
uniformarsi al suggerimento lasciato alla Chiesa dall’Apostolo Paolo: predica
la Parola, insisti a tempo e fuor di tempo; riprendi, sgrida, esorta con grande
pazienza e sempre istruendo. Perché verrà il tempo che non sopporteranno la
sana dottrina; ma per curiosa e capricciosa voglia di udire si rivolgeranno ad
un gran numero di dottori e distoglieranno le orecchie dalla verità” (2 Timoteo
4: 2-4).
Dunque, la vita e la vitalità della chiesa dipenderanno sempre dal
suo sapiente e coraggioso uso della parola… della
parola di Dio.
di Germano Giuliani
Pubblicato da Risveglio
Pentecostale
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