Brevi meditazioni bibliche da Cristiani Oggi
di Germano Giuliani
Che cos’è verità?
"Che cos’è verità?"
(Giovanni 18:38)
E’ la domanda posta da Pilato a Gesù quando se lo trovò davanti
per giudicarlo. Pilato giocherellava con le parole. Egli sapeva benissimo
cos’era verità. Infatti se si fosse trovato nei panni dell’innocente Nazareno,
falsamente accusato, lui, Pilato, di voler, ad esempio, usurpare il trono a
Tiberio Cesare, attirandosi una condanna a morte, sapendosi ben lontano da una
simile presunzione, avrebbe sostenuto la verità in opposizione alla falsa
accusa, si sarebbe difeso con tutto il suo potere.
La verità è l’opposto della falsità, come la vita è l’opposto
della morte. Pilato stava comunque correndo un effettivo pericolo, quello di
essere considerato nemico dichiarato di Cesare, in quanto difensore di un uomo
che, nella dominazione romana della Giudea, si diceva volesse assumere il ruolo
di re (cfr. Giovanni 19:12).
Da quel momento Pilato, non per convinzione, ma con intenti
sarcastici, provocatori, istiganti il giudizio sommario, iniziò a definire Gesù
“re dei giudei”, e ciò nonostante Gesù avesse esplicitamente dichiarato che il
suo regno non era di questo mondo “Pilato dunque rientrò nel pretorio;
chiamò Gesù e gli disse; sei tu il re dei giudei? Gesù gli rispose: dici tu
questo di tuo, oppure altri te l’hanno detto di me? Pilato gli rispose: son io
forse giudeo? La tua nazione ed i capi sacerdoti t’hanno messo nelle mie mani;
che hai fatto? Gesù rispose: il mio regno non è di questo mondo, i miei
servitori combatterebbero perch’io non fossi dato in
mano dei giudei; ma ora il mio regno non è di qui. Allora Pilato gli disse: ma
dunque sei tu re? Gesù rispose: tu lo dici; io sono re; io son nato per questo,
e per questo son venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è
per la verità ascolta la mia voce. Pilato gli disse: che cos’è verità?” (Giovanni
18: 33-38) e pertanto non intendeva usurpare nessun trono a nessuno, tanto
meno a Cesare. Ma Pilato aveva ormai avviato quel processo che destinava Gesù
al patibolo.
Fu nel corso dell’interrogatorio che Gesù affermò di provenire da
ben altro regno che quello terreno, e di essere venuto nel mondo per
testimoniare della verità.
E’ l’apostolo Giovanni, sia nel suo Vangelo, sia nelle sue
lettere, tocca più di altri il soggetto della verità. La sua terza lettera,
benché breve, chiama in causa la verità come caratteristica del cristiano per
ben sette volte.
“Che cos’è verità?”. La domanda è più
che lecita anche nel nostro tempo, tempo di civiltà evolute, in quanto è stata
così tanto offuscata, così tanto bistrattata dalla falsità, da non poterla più
definire o riconoscere in niente e in nessuno.
L’amore, quello di Dio per l’uomo
e da questi recepito e vissuto (non lo strano amore di chi è privo della
grazia di Dio; “e se amate quelli che vi amano, qual grazia ve ne viene?
Poiché anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli
che vi fanno del bene, qual grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo
stesso. E se prestate a quelli dai quali sperate ricevere, qual grazia ne
avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto” (Luca
6: 32-34) è la testimonianza più efficace della verità. Amare nella verità,
possedere la verità per amare (cfr. 3 Giovanni 1).
Gaio, il destinatario della terza lettera dell’apostolo Giovanni,
aveva incorporato la verità e la dimostrava concretamente verso i fratelli di
fede. Questi fratelli, dopo aver preso contatto con lui, riferirono
all’apostolo che Gaio aveva veramente creduto nel Signore Gesù Cristo.
Come si era detto a suo tempo di Enoc,
anche Gaio “camminava” con Dio, cioè viveva in modo da piacerGli,
piacendo così anche a quanti come lui vivevano nella verità (cfr. 3 Giovanni
3-5). Non è fuori luogo citare qui quel che Gesù dice ai Suoi discepoli di ogni
tempo: “Imparate da me” (Matteo 11: 29), in modo che “chi riceve voi
riceve me” (Matteo 10: 40). E’ Lui la verità: “io sono la via; la verità
e la vita” (Giovanni 14: 6). Lui è il preciso riferimento per quanti
cercano la Via giusta per pervenire alla Verità e di conseguenza assumere un
comportamento che renda il giusto concetto di Vita.
Riferendosi all’affermazione di Gesù “io sono la vita”, di
solito si pensa e si desidera un’appagante esistenza terrena in opposizione a
quella ormai precaria ed irta di problemi che il mondo sta attraversando. Ma,
oltre che per la vita eterna, il cristiano deve protendersi verso un quotidiano
modo di essere che metta in luce la verità, favorendo la credibilità nella
sostanziale verità che è Cristo. La verità non è solamente uno dei molti
requisiti dell’uomo Gesù, la verità è Cristo stesso: “io sono”! Dunque
la verità espressa con carità è indice di piena adesione o conversione a
Cristo, non solo, ma rende accessibile la verità stessa, mediante la fede
rivolta al nome di Gesù (cfr. 3 Giovanni 8; Giovanni 17: 21-23), favorendo la
salvezza e la vita eterna di quanti credono.
Verità nel pensare, nel parlare, nell’agire, nell’amare, verso se
stessi, verso i fratelli, verso il prossimo in generale (cfr. 3 Giovanni 5).
“che cos’è verità?”. La conosciamo,
l’abbiamo sotto gli occhi se rappresentata dalla Parola di Dio, dallo Spirito
Santo e dai testimoni di Gesù (cfr. Giovanni 8: 31,32; 14: 14-17). Un quadro
preciso del vivere nella verità, nonostante le più svariate avversità, ci è
dato dal seguente scritto dell’apostolo Paolo, suggerimento valido finché il
tempo è ancora valido per la salvezza del genere umano: “noi non diamo
nessun motivo di scandalo affinché il nostro servizio non venga biasimato; ma
in ogni cosa raccomandiamo noi stessi come servitori di Dio, con grande
costanza nelle afflizioni, nelle percosse, nelle prigionie, nei tumulti, nelle
fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con conoscenza, con bontà, con
lo Spirito Santo, con amore sincero, con un parlare veritiero, con la potenza
di Dio; con le armi della giustizia a destra ed a sinistra, nella gloria e
nell’umiliazione, nella buana e nella cattiva fama;
considerati come impostori, eppure veritieri, come sconosciuti, eppure ben
conosciuti, come moribondi, eppure eccoci viventi, come puniti, eppure non
messi a morte, come afflitti, eppure sempre allegri, come poveri, eppure
arricchenti molti, come non avendo nulla, eppure possedendo ogni cosa!” (2 Corinti 6: 3-10).
Non sgomentiamoci se la verità ci prospetta perfezione e
sacrificio, perché se la fede e la speranza che abbiamo riposta in Dio non
viene meno, “Egli, che ha cominciato in noi un’opera buona, la condurrà a
compimento fino al ritorno di Cristo Gesù” (Filippesi 1:6).
di Germano Giuliani
Pubblicato da Cristiani Oggi
====================================================================================
LIMITAZIONI DELLA
RIPRODUZIONE:
Questo file di dati è
proprietà di Cristiani
Oggi. Non può essere in alcun modo alterato ed editato. Può
essere riprodotto solo interamente per farlo circolare come
"freeware", senza ricarichi. Tutte le riproduzioni di questo file
devono contenere l'avviso [es., " by Cristiani Oggi"]. Questo documento non può essere
usato per la rivendita o l'ampliamento di ogni altro prodotto senza il permesso
di Cristiani Oggi. Questo comprende tutto il contenuto con l'eccezione di poche
brevi citazioni. Per favore citate la seguente fonte: by Cristiani Oggi quindicinale delle Chiese Cristiane
Evangeliche "Assemblee di Dio in Italia".
Questo materiale è da
considerarsi unicamente per uso personale e non per essere pubblicato in altre
pagine web. "Assemblee di Dio in Italia" detiene i diritti esclusivi
per pubblicare questi messaggi nelle sue pagine web. Potete scaricare, copiare,
stampare e distribuire questo materiale, così come non potete pubblicarlo in
altri siti Internet. E' comunque possibile effettuare dei collegamenti ai
messaggi di questo sito.
====================================================================================
Sfoglia le pagine delle Meditazioni
quotidiane torna
alla