IL PADRE
NOSTRO
(Matteo 6:1-18) |
In
questo capitolo dell'Evangelo di Matteo, Gesù condanna fermamente l'ipocrisia
dei farisei del Suo tempo: a.
le loro elemosine (versi 2-4); I discepoli chiedono a Gesù che insegni loro a
pregare: "Signore insegnaci a pregare" (Luca 11: 1). Tuttavia,
ancor prima di insegnare loro le "parole" da rivolgere a Dio, Gesù
insegna il "modo" in cui bisogna pregare e l'attitudine che deve
caratterizzare la preghiera (versi 5-8). 1.
Una preghiera personale La preghiera riguarda il rapporto tra il Creatore
e la creatura nella sua individualità. Gesù condanna la preghiera degli
ipocriti che amano pregare in modo plateale (verso 5): o in piedi nelle
sinagoghe (Luca 18:9-14) per mettere in mostra tutta la "giustizia
umana"; o agli angoli delle piazze (Matt. 23:5,6) per essere visti e
sentiti dagli uomini (verso 1). Gesù ribalta quello che i religiosi del Suo
tempo facevano ed insegna a "ritirarsi in disparte" per rivolgere
la preghiera a Dio. La "cameretta", in effetti, ci porta a pensare
ad una "conversazione" personale che nulla ha a che fare con la
bella mostra di sé nella sinagoga (Dan.6:10). 2.
Una preghiera intima Che differenza con gli ipocriti che
"gridano" la loro preghiera per farsi sentire dagli uomini!
(Matt.7:21- 23; Is.29:13). a. La porta chiusa indica il fatto che si vuole
essere "sentiti ed ascoltati" solo da Dio. b. Mentre la ricompensa
degli ipocriti è la soddisfazione vanagloriosa del momento (versi 2,5), Gesù
ci insegna a chiudere "la porta" in una intima comunione con Dio
per realizzare ciò che si chiede (Gio.15:7). 3.
Una preghiera rivolta al Padre Qui viene sottolineato quale deve essere il
rapporto tra il Creatore e la creatura: Padre e figlio! Questa figura di Dio
è davvero stupenda perché il padre vuole assolutamente il bene del proprio figlio.
Sicuramente un padre non darà mai una pietra al figlio che gli chiede del
pane, oppure un serpente al posto di un pesce o, ancora, uno scorpione
anziché un uovo! (Luca 11:9-12) Il Padre dà sempre "cose buone"
(Matt.7:11) e "lo Spirito Santo" a coloro che glielo domandano
(Luca 11:13). 4.
Una preghiera sincera Dio è onnisciente e conosce tutto di noi (Ebr.4:13; Sal.33:13-15). La
preghiera sincera che viene accettata da Dio viene descritta in due modi
(Giov.4:23,24): o "in spirito" cioè spiritualmente, non in modo
meccanico, ripetitivo e senza nessuna attenzione a ciò che si sta facendo; o
"in verità" cioè interiore, sincera, con tutto il cuore e non
apparente. È questa la preghiera elevata secondo la Parola-Verità, cioè come
comanda la Sacra Scrittura. Dio vede e legge le parti più recondite della
nostra esistenza e sa già ciò che il nostro cuore desidera. Egli premia
sempre l'anima sincera che si accosta a Lui. 5.
Una preghiera breve Lutero diceva: "Quanto più povera di parole,
tanto migliore è la preghiera". Gesù insegna a non usare troppe parole,
infatti:
Padre
nostro che sei nei cieli sia santificato il Tuo nome Gesù introduce la preghiera con un
"dunque" che indica un fatto importante: questa preghie-ra
racchiude in sé tutti gli elementi sul "modo" della preghiera,
precedentemente analizzati. Infatti, il Padre Nostro è una preghiera
personale, intima, rivolta al Padre, sincera e breve. Naturalmente, questa
preghiera, proprio per evidenziare e condannare l'ipocrisia delle preghie re meccaniche dei pagani, è semplicemente un
"modello" di preghiera che i cristiani devono tenere nel cuore e
nella mente ogni qualvolta si rivolgono a Dio. 1.
LA PATERNITÀ DI DIO: Questa prima considerazione riguarda il modo in
cui rivolgerci a Dio: "Padre nostro!" Il termine "abbà" è un vocabolo della vita quotidiana ebraica
che nessuno avrebbe mai applicato a Dio. Significa "caro padre" e
viene detto in tono confidenziale, come dire "papà". Era questo il
modo in cui i figli, ancor bambini, chiamavano il loro padre. Nell'Antico
Testamento non ci sembra che il popolo d'Israele chiamasse Dio in tal modo.
Infatti troviamo solo qualche rarissima citazione (Is.63:16; Sal.68:5); mentre in qualche altro testo è Dio che si
dichiara un Padre (Is.43:6). La nostra espressione implica due fatti
essenziali: a. Siamo figli di Dio. Ciò è il risultato dell'esperienza della
salvezza. Avendo "ricevuto" Cristo nella nostra vita siamo divenuti
"figli di Dio" (Giov.1:11,12) per adozione (Gal.4:5-7). Ora, a tal
proposito, le persone della Trinità svolgono un ruolo fondamentale, in
quanto: - Il Padre ci offre il Suo amore (1Giov.3: 1,2); - Gesù ci porta e ci
rivela il Padre (Giov. 14:6-11; Mat.11:27); - Lo
Spirito Santo ci accerta e certifica che siamo figli di Dio (Rom.8:15-17). b.
Siamo parte della famiglia di Dio. Il fatto che Dio sia "Nostro
Padre" ha, co me conseguenza, una implicazione
straordinaria: apparteniamo ad una famiglia dove gli altri membri sono nostri
fratelli (Ef.2:19). Perciò ogni volta che preghiamo
ci ricordiamo di loro perché Dio è "nostro" Padre. 2.
LA SOVRANITÀ DI DIO: Non bisogna mai dimenticare, e l'espressione
confidenziale "Abbà" potrebbe portarci a
farlo, che Dio, il Padre Nostro, è il Sovrano e Signore dell'universo e della
nostra stessa esistenza: Egli è il Creatore! (Is.6.1-4) L'apostolo richiama a
non dimenticare che Dio è "nel cielo" (Ef.6:9)
e noi siamo Sue creature. Il concetto della sovranità di Dio evidenzia: a. La
nostra umile sottomissione al Padre. Isaia si riconosce un peccatore dinanzi
al trono di Dio (Is.6:5). Chi siamo noi dinanzi al Suo trono? Proprio perché
Egli è il Signore ed il Sovrano è necessario "togliersi i calzari dai
piedi" (Es.3:5, 6; Gios.5:13-15). Ci
sottomettiamo umilmente a Dio, permettendoGli di
"regnare", cioè di governare la nostra esistenza. b. La necessità
di un intercessore. Solo tramite un intercessore tra noi e Dio potremo andare
al Padre e chiamarLo "Abbà",
Padre (Ebr.10:19-21). Cristo Gesù è il nostro
mediatore (1Tim.2:5,6a). Egli è il "paracleto"
presso il Padre (1Giov.2:1,2), perciò possiamo andare a Dio Padre nel nome di
Gesù (Giov.15: 16). 3.
LA SANTITÀ DI DIO: Questa espressione è sicuramente legata al terzo
comandamento: "Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano"
(Es. 20:7). Il comando evidenzia la santità di Dio. Quando le Scritture
parlano del "nome" di Dio, intendono sottolineare i Suoi attributi
divini: Egli è Eterno, Purissimo Spirito, Onnipotente, Onnipresente,
Onnisciente, Santo, Giusto, Fedele, Misericordioso, Amore, Bontà…! Fra i nomi di Dio (vedi nota), quello che risulta
più caro ai Suoi figli è "Padre" (Is.57:15). Questa meravigliosa
realtà implica tre considerazioni di fatto. a.I figli portano il nome del
Padre.
b.
I figli somigliano al Padre. c.
I figli esaltano il Padre. Nota
I
NOMI DI DIO Nell'Antico Testamento troviamo tre
termini ebraici che indicano Dio: 1.
ELOHIM indica il Creatore (Gen.1:1). E in forma plurale e sottintende la
divina Trinità. 2. EL e la forma abbreviata di Elohim
ed indica l'onnipotenza di Dio. Unito ad altri termini, questo nome ci
descrive gli attributi di Dio. 3. ADONAI significa Signore o Padrone (Es.23: 17)
e sottolinea la sovrana signoria di Dio. Questo termine viene poi tradotto
nel Nuovo testamento con Kyrios per indicare tutte
e tre le Persone della Trinità. Oltre a questi tre termini, nell'Antico
Testamento Dio si rivela con il Suo nome: YHWH
(Es.3:14). Il Signore Gesù applicherà a se stesso questo
nome, scatenando le ire dei religiosi del suo tempo (Giov.8:58 - Io so-no). Venga
il Tuo regno Questa invocazione sottolinea sicuramente il
desiderio profondo di vedere realizza-te le profezie bibliche inerenti alla
venuta del Messia e del Suo glorioso regno di pace e d'amore. La Sacra
Scrittura ci presenta l'esistenza di due regni: 1.
Il regno del peccato e delle tenebre il cui "principe" è il diavolo
(Rom.6:12; Gio.16:11); 2.
Il regno di Dio il cui Re è il Signore Gesù Cristo (Luca 1:30-33). Il "Padre Nostro" inizia con questa
prima richiesta mettendo così in evidenza ciò che è, in realtà, la cosa più
importante ed urgente: il regno di Dio! 1.
L'urgenza di realizzare il Suo regno
2.
L'urgenza del governo di Cristo
In Cristo siamo il "tempio di Dio" e lo
Spirito Santo, che vive in noi, deve avere il pieno "possesso"
della nostra vita affinché "ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il
Signore alla gloria di Dio Padre!" (Fil.2:9-11). 3.
L'urgenza di annunciare il regno di Dio
L'annuncio
del regno di Dio, dunque, è quanto di più importante la Chiesa è chiamata a
fare in ogni tempo. 4.
L'urgenza della venuta del Re
Sia
fatta la Tua volontà anche in terra,com'è fatta in cielo Il
peccato è entrato nel mondo con la scelta sbagliata dei nostri progenitori
Adamo ed Eva (Gen.2:16; 3:6). Essi hanno scelto di "non fare la volontà di
Dio" disobbedendo al Suo comando. La nostra preghiera, in qualche modo, ribalta
quella situazione e richiede a Dio che la Sua volontà si realizzi e si attui
in terra come è già fatta in cielo. Questo ci porta a con-siderare che: è vivo il desiderio di trovarci nel volere di Dio,
consapevoli come siamo che Egli vuole il nostro bene (Rom.8:28; Ger.29:11); trovarsi nel volere divino non significa affatto
rassegnazione supina o arrendersi al "fato", cioè ad un destino
ineluttabile a cui non si sfugge, piuttosto è l'abbandonarsi fiducioso nelle
"mani" di Dio, che ha un piano ed un progetto personale per
ciascuno dei Suoi figli (At.21: 11-14; Is.43:1-4); la volontà di Dio, talvolta, non collima con i
nostri pensieri e progetti, tuttavia è sempre auspicabile trovarvisi al
centro(Is.55: 8,9; Sal.37:5). Per comprendere la
profondità spirituale della nostra richiesta occorre rispondere ad alcune
domande. 1.
Qual è la volontà di Dio? Lo Spirito Santo ci ha rivelato la "volontà
di Dio" nella Parola Scritta (2Pie.1:20,21). Nella Sacra Scrittura, Dio
rivela il Suo piano per l'umanità tutta e, in particolare, per chi prega:
"Padre... sia fatta la Tua volontà..." a)
essere adottati come figli (v.5); A
ben vedere, dunque, Dio desidera il meglio per i Suoi figli e per l'umanità
intera, purché si realizzi la "Sua volontà". 2.
In che modo si realizza la Sua volontà? L'espressione "sia fatta" indica che c'è
un aspetto, come dire, pratico che deve essere esperimentato e realizzato in
noi (Rom.12:2). Questo fatto porta a considerare che: a) Intanto, si deve spezzare la mia volontà. C'è
una lotta interiore tra "ciò che voglio" e "ciò che faccio"!
(Rom.7:14-24). Solo lo Spirito Santo, per il sangue di Cristo, può aiutarci a
piegare la nostra volontà e sottometterci a quella divina. 3.
Perché fare la volontà di Dio ? La
Sacra Scrittura ci elenca i benefici che si realizzano quando ci si trova
nella volontà di Dio: a)
l'esaudimento della preghiera (1Gio.5:14); Di primo acchito, potrebbe sembrare una perdita
rinunciare alla nostra volontà, tuttavia scopriamo che, in realtà, è un
grande guadagno (Mar.10:28-30). 4.
Chi è l'esempio perfetto ? La preghiera che Gesù ci insegna è stata da Lui stesso
realizzata quando ha lasciato la gloria per fare la volontà del Padre
(Gio.4:34; 5:30; 6:38). Tutte e tre le domande precedenti trovano piena
risposta nell'esempio che Gesù ci ha lasciato. Infatti: Quale era la volontà di Dio? La salvezza dell'umanità
per mezzo dell'uomo perfetto che ha mandato, cioè Gesù (Gio.6:39). In che modo si realizza questa Sua volontà? Per
mezzo del sacrificio perfetto che doveva essere compiuto e che è stato
compiuto da Gesù (Luca 22:42; Eb.10:7-10;
Is.53:11). Perché fare la volontà del Padre? Per instaurare
il Suo regno eterno (Dan.2:44; Apo.11:15).
"Padre... sia fatta la Tua volontà anche in terra come è fatta in
cielo!" Dacci
oggi il nostro pane quotidiano Con
questa frase hanno inizio una serie di richieste: "dacci...,
rimettici..., non ci esporre..., liberaci...". Tutte queste richieste sono, innanzitutto, rivolte
al Padre perché solo da Lui viene "ogni grazia" (2Cor.9:8). Poi, il
fatto che siano richieste al plurale ("dacci..." e non dammi!)
im-plica l'unione dei credenti e la solidarietà cristiana nella preghiera per
ottenere i doni di Dio "Ed anche in verità vi dico: Se due di voi sulla
terra s'accordano a domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa
dal Padre mio che è nei cieli" (Mat.18:19)
"Tutti costoro perseveravano di pari consentimento nella preghiera, con
le donne, e con Maria, madre di Gesù, e coi fratelli di lui" (At.1:14).
In questa nostra richiesta il Signore Gesù ci insegna almeno tre lezioni che
riguardano il "pane". 1.
Il pane per oggi Il pane degli israeliti aveva la forma di focaccia
piatta, era di farina di frumento (per i più poveri di farina d'orzo) e si
cuoceva ogni giorno, per averlo sempre fresco, in "giare di
ter-racotta" riscaldate oppure interrate in una buca con il fuoco
acceso. Da questo si distingueva il pane azzimo che era impastato senza il
lievito. Il
pane parla della divina provvidenza: a)
Dio non abbandona mai i Suoi figli (Sal.37:25);
2.
Il pane quotidiano L'espressione "pane quotidiano",
letteralmente il "pane di domani", indica, probabilmente o un pane
pronto per il giorno successivo, oppure "tutto il nutrimento necessario
per un'intera giornata" (Gia.2.15,16). La
Parola di Dio è sicuramente il cibo migliore per il nutrimento della nostra
anima, visto che "non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola
che proviene dalla bocca di Dio" (Mat.4:4). In
questo senso: a)
la Parola di Dio è il cibo che nutre appieno e sazia l'anima affamata (Eb.5:12-14; Gio.6:26,27); In ogni generazione, la Parola del Signore è
stata, ed è ancora, l'unico pane genuino ed energetico che sostiene i
credenti giorno per giorno. 3.
Il pane "nostro" Noi chiediamo al Padre, non il "pane del
mondo" che non sazia (Is.55:2), ma il "nostro pane", cioè il
pane che il Padre Celeste ha riservato ai Suoi figli (Gio.6:32-35): questo
pane è il Signore Gesù Cristo! Ora occorre considerare la esclusività di
questo "Pane" del tutto speciale: a)
è "Pane disceso dal cielo" (Gio.6:41,42,49,50). Dunque ha una
natura soprannaturale e celeste. Questo Pane si è reso disponibile per noi
tramite il miracolo dell'incarnazione; Ecco perché è necessario che chiediamo al Padre il
"pane quotidiano" con la certezza che Egli ci darà il pane e non
una "pietra"; "Io altresì vi dico: Chiedete, e vi sarà dato;
cercate e troverete; picchiate, e vi sarà aperto. Poiché chiunque chiede
riceve, chi cerca trova, e sarà aperto a chi picchia. E chi è quel padre tra
voi che, se il figliuolo gli chiede un pane, gli dia una pietra? O se gli
chiede un pesce, gli dia invece una serpe? Oppure anche se gli chiede un
uovo, gli dia uno scorpione? Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare
buoni doni ai vostri figliuoli, quanto più il vostro Padre celeste donerà lo
Spirito Santo a coloro che glielo domandano!" (Luca 11:10-13). "Padre...
dacci oggi il nostro pane quotidiano!" Rimettici
i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori Matteo
6:12. La richiesta è riferita, naturalmente, al
"debito del peccato" che impedisce di avere comunione innanzitutto
con Dio e poi con il nostro prossimo. Questo tipo di debito viene estinto
esclusivamente attraverso il perdono. Ora il perdono di Dio per i nostri
debiti è strettamente legato al perdono che noi stessi siamo disposti a dare
ai nostri debitori. Esaminiamo la nostra preghiera alla luce di ciò che il
Signore Gesù stesso dice in Matteo 18:21-35. 1.
La natura del debito a.
È un debito enorme che non si può umanamente estinguere. Infatti, diecimila
talenti è una cifra tanto grande che è impossibile da pagare. Così come il
peccato non può essere tolto "pagando" con opere meritorie o quant’altro. 2.
La soluzione al debito
a.
Il Padre è un Dio pronto a perdonare (Isa.1:18). La Sacra Scrittura ci
anticipa profeticamente in che modo Dio avrebbe perdonato il peccato
dell'uomo senza intaccare la Sua perfetta giustizia (Isa.40:2,3). Il Padre ci
perdona in Cristo (1 Gio.1:7-2:2) a condizione che vi sia un sincero
ravvedimento ed una sincera confessione (Sal.51:1-4,7-10;
32:5;Rom.10:9,10). 3.
La condizione richiesta a.
Il perdono del Padre "è per grazia" e non affatto per meriti umani,
di qualunque tipo essi possano essere (Ef.2:8,9;
Rom.11:6). "Padre...
rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri
debitori!" Chiunque non perdona il suo prossimo, non può essere
perdonato da Dio perché la sua richiesta di remissione è solo formale ed
ipocrita e non sostanziale e vera. Non
ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno (Matteo 6:13) L'espressione "non ci esporre" non
significa "non farci attraversare" la tentazione, laddove per
tentazione si intende la prova (l'espressione "non indurci" non
traduce correttamente il termine originale che, invece significa "non ci
lasciare esposti" oppure "non ci lasciare soli"). Qualcuno ha
detto: "Non possiamo preservarci dalle difficoltà e dalle tentazioni, ma
possiamo evitare di rimanere sopraffatti pregando ed invocando l'aiuto
divino". a) La tentazione è la prova che mette il credente
nella posizione di dover scegliere tra l'ubbidienza e la fedeltà a Dio oppure
la disobbedienza ed il peccato. Nel giardino di Eden, i nostri progenitori
scelsero di mangiare il frutto e, dunque, di disobbedire al comando di Dio
(Gen.2: 16,17; 3:6). Giuseppe dinanzi alla tentazione sceglie di obbedire al
suo Dio (Gen.39:12), mentre Davide sceglie di disobbedire e cade nella
tentazione, peccando (2 Sam. 11:2-4). 1.
La debolezza umana
a)
non permette che siamo tentati oltre le nostre forze (1 Cor.10:13);
b)
interviene nel momento giusto per liberarci (2 Pie.2:9). Da parte sua, il credente deve sicura-mente
evitare di andare, fisicamente o con la mente, in quei "luoghi"
dove sa già di dover subire la tentazione: o l'albero che Eva
"osservava" (Gen.3:1-6); o il terrazzo da dove Davide guardava (2
Sam.11:2-4); o il fuoco dei nemici attorno al quale Pietro si sedette (Luca
22:54-62). Insomma,
la nostra debolezza ci deve rendere umili dinanzi a Dio e fiduciosi nel Suo
intervento in nostro favore. 2.
La forza del maligno a)
l'astuzia di Satana (2 Cor.11:3); Gesù insegna chiaramente quanto sia forte il
maligno, ma con il Suo esempio (Mat.4:1-11; Luca
22:40-46) ci esorta rimanere fedeli perché "Colui che è in voi" è
più forte ed è più grande del maligno (1 Giov.4:4). 3.
La potenza del Padre a)
Dio guarda i Suoi figli (2 Tess.3:3); Il quarto uomo della fornace di Nabucodonosor era il Figlio di Dio, il nostro Salvatore e
Signore Gesù Cristo (teofania) che, sebbene all'ultimo istante, interviene e
ferma la forza del fuoco (Dan.3:24-27). I credenti possono superare le
tentazioni e le prove in questa lotta "contro le insidie del diavolo,
contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo
di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità" rivestendosi
della "completa armatura di Dio" e così poter "resistere nel
giorno malvagio, e restare in piedi dopo aver compiuto" tutto il loro
dovere (Efe.6:11-13). Solo credenti che hanno
lottato in tal modo, alla fine, potranno dire: "Ho combattuto il buon
combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è
riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà
in quel giorno" (2 Tim.4:7,8). |
Gaetano
Montante |