Sfogliando
Il vero
Natale.
Per consuetudine, il 25 dicembre si ricorda
la nascita di Gesù, e per l’occasione si ripropongono usi e costumi che danno
vita a manifestazioni di folklore
natalizio. Tutto questo è forse
necessario per ricordare l’importanza
della venuta al mondo del nostro
Salvatore Gesù Cristo? Sono proprie della
morale cristiana la frenesia e l’aria
di misticismo legate a questa
celebrazione, o appartengono piuttosto al paganesimo che si crede oramai
superato?
Un po’ di storia: la festa del Natale.
E’ la festa della nascita di Gesù di
Nazareth, celebrata in occidente, dalla chiesa cattolica romana e da alcune
chiese protestanti, il 25
dicembre, e dalle chiese ortodosse il 6
gennaio, giorno in cui le chiese
occidentali celebrano invece l’Epifanie. Le due date sono connesse sin dall’origine di questa festività
che, considerata dal calendario liturgico di importanza inferiore soltanto alla
Pasqua, si affermò non prima del IV secolo, sovrapponendosi a rituali pagani.
Il cristianesimo occidentale fissò, quasi certamente fra il 325 ed il 354, la
celebrazione della nascita di Gesù il 25 dicembre, il giorno della principale
tra le festività pagane legate al culto solare, quella del Sol Invictus,
resa particolarmente solenne dall’imperatore
Aureliano. Dal mitraismo, che
festeggiava il 25 dicembre la nascita del dio Sole, il cristianesimo mutò la
festa del Natale.
Il passaggio dalla
religione pagana a quella cristiana non determinò l’abolizione di quei riti che, sia per contenuto che per
pratica, offendono la verità e la
persona stessa di Cristo, ma al contrario
li arricchì di nuovi significati unicamente simbolici, profondamente radicati
nelle consuetudini popolari.
Babbo Natale.
Tradizionale figura di vecchio con la barba
bianca, noto anche come Santa Claus (dal latino Sanctus Nicolaus), che la notte
di Natale, dopo aver solcato il cielo su una slitta trainata da renne piena di
regali, entra in ogni casa calandosi
dal camino e deposita i giocattoli sotto l’albero di Natale o nelle calze di
tutti i bambini buoni.
Sebbene questa immagine si sia diffusa negli
Stati Uniti nel XVII secolo ed in Inghilterra solo verso la metà del XIX
secolo, le sue radici affondano nell’antico folklore europeo ed hanno influito
notevolmente sulla celebrazione del Natale in tutto il mondo.
Bisogna sapere che l’immagine di Babbo
Natale, così come lo identifichiamo oggi, è dovuta alla fantasia creativa di un
astuto grafico pubblicitario americano,v Haddon H. Sundbolm, che seppe
trasformare intuitivamente tutto il bagaglio di riti e di credenze legati al
culto di S. Nicola ed alla stagione invernale di quegli emigranti, soprattutto olandesi, che partirono per l’America influenzandone
in seguito cultura e tradizione. E
così, per conto della Coca Cola Company, nel 1931 nacque Babbo Natale.
Il
Babbo Natale di oggi deve alla tradizione
antica il nome, l’immagine, mentre dalla cultura Germanica derivano gli
elementi prettamente nordici,
tra i quali gli elfi che lo aiutano nel suo lavoro e l’insostituibile
slitta trainata da renne. Insomma,
un personaggio di pura fantasia
che piace a tutte le generazioni di
bambini che ogni anno mandano la
propria lettera a questo vec-chio fattorino dei regali.
Non c’è niente di cristiano in questa figura
dal naso e dalle guance rosse, il pancione da ghiottone e la pipa. Si tratta in definitiva solamente di
una tradizione popolare che sfrutta
elementi del costume pagano. La Parola di Dio però dice: “Questo dunque io dico ed attesto nel
Signore: non comportatevi più come si comportano i pagani nella vanità dei loro
pensieri, con l’intelligenza ottenebrata, estranei alla vita di Dio, a motivo
dell’ignoranza che è in loro, a motivo dell’indurimento del loro cuore” (Efesi
4: 17,18).
Il presepe.
E’ una rappresentazione della natività di Gesù, che viene allestita secondo le usanze in
occasione del Natale e viene mantenuta sino all’Epifania. La tradizione fa
risalire l’origine della prima rappresentazione ecclesiastica del presepe
a Francesco d’Assisi, che la realizzò
a Greccio (RI), nel 1223, Francesco interpretò quell’evento con i dati
in sua conoscenza e secondo la cultura e la formazione (chiaramente non giudea)
del suo tempo.
Tante le tradizioni extrabibliche: i Magi
che la tradizione francescana vede in tre re che portano doni al fanciullo,
risponde al vero? La mangiatoia?
Faceva molto freddo e stava nevicando?
Maria
avrebbe esposto incautamente il piccolo appena nato al
tepore dell’alito di un bue e di un asinello?
La
Bibbia non dice così,
ed essa non può
mentire né essere smentita perché
è la Parola di Dio e la verità di Dio. Chi meglio di Lui conosce veramente
come sono andate le cose? Perché allora drammatizzare lo scenario?
Forse allo scopo d’impietosire chi si
accosta al.presepe
per volerne rievocare le
caratteristiche di umiltà e povertà
legate alla famiglia di Gesù, o soltanto per accentuare le emozioni? Tutto ciò equivale a fuorviare il cuore e la mente dall’autentico valore della natività.
Quando si recitano preghiere, si fanno promesse, si innalzano cantici le
classiche musiche eseguite dagli zampognari intorno alla grotta (figure
assolutamente sconosciute al tempo di Gesù),
si compie un vero e proprio atto di idolatria.
L’albero
di Natale.
Dove si lasciano i doni per i componenti
della famiglia o per gli amici? Perché proprio sotto un albero di leccio e non
ad esempio sotto un pero o addirittura sotto un ulivo, albero più congeniale al contesto biblico?
Perché un albero e non un oggetto più consono all’arredo delle nostre case?
La tradizione dell’albero di Natale ha
origine nella mitologia nordica. Dagli antichi popoli germanici, i Teutoni,
sembra provenga l’usanza di adornare l’albero di Natale. Essi infatti festeggiavano il passaggio
dall’autunno all’inverno ardendo ceppi
ne camini e posizionando davanti alle case un albero tipico ornato di ghirlande.
Questa
consuetudine si estese ben presto
nelle altre zone del nord Europa e, con
il passare del tempo, fu associata alla festività natalizia.
Alle ghirlande si unirono nastri
e frutti colorati,
poi le candeline, fino a quando, verso la metà del 1800, alcuni
fabbricanti svizzeri e tedeschi cominciarono a
preparare ninnoli di vetro soffiato che costituirono l’ornamento
tradizionale dell’albero.
Poi
arrivarono anche le lampadine e le decorazioni in plastica. Nelle case
italiane l’albero di natale è arrivato da pochi decenni ed in circostanze assai curiose. La novità si deve alla regina Margherita,
moglie di Umberto I di Savoia, che
adottò la moda delle famiglie dell’alta
nobiltà europea alla fine dell’ottocento,
facendone allestire uno in uno dei saloni del Quirinale. L’evento riscosse un tale successo da
divenire popolarissimo tra le famiglie più povere.
La
stella cometa.
Tra tutti gli astri del cielo, soltanto uno
è stato capace nei secoli di ornare ogni anno la capanna del presepe e la punta degli
alberi di natale: la stella
cometa.
La
tradizione vuole che i Magi fossero stati guidati nel luogo dove nacque Gesù proprio da una luminosa
cometa, messaggero celeste del glorioso
evento. Ma quanto c’è di verità?
E’ vero che l’astro si è fermato dov’era il fanciullo, ma l’Evangelo afferma con chiarezza che la stella – non la
cometa – si fermò sulla casa – non
sulla capanna – dov’era il bambino: “Essi
dunque, udito il re, partirono; e la stella, che avevano vista in oriente, andava davanti a loro finché, giunta
al luogo dov’era il bambino, vi
si fermò sopra. Quando videro la stella, si rallegrarono di grandissima gioia .
Entrati nella casa, videro
il bambino con Maria, sua madre;
prostratisi, lo adorarono; e, aperti i loro tesori, gli offrirono dei
doni: oro, incenso e mirra” (Matteo 2:9-11). Si cominciò a parlare di una cometa soltanto dal 1301, quando
Giotto osservò personalmente una
meravigliosa apparizione della cometa di
Halley in uno dei suoi ciclici passaggi, e comprensibilmente, non
resistette all’idea di designare il grande astro chiomato sulla scena della
natività della Cappella degli Scrovegni a Padova.
Il
valore cristiano del Natale.
Il Natale dei cristiani non cade il 25
dicembre. Nella Sua sapienza il Signore non ha voluto farci conoscere il giorno
esatto della nascita del Salvatore e persino l’anno è incerto. In seguito a
ricerche ed a dati storici recentemente acquisiti, è stato scoperto l’errore di
calcolo commesso dal monaco Dionigi il
Piccolo, quando formulò il primo
calendario con la cronologia cristiana, nel 525, e fissò la data di nascita di
Cristo nell’anno 753 dopo la fondazione di Roma. Gli studiosi sono concordi sul fatto che questa
data andrebbe anticipata di alcuni anni e posta intorno al 749-48. In questo
modo la nascita di Cristo si collocherebbe tra il 4 o il 5 a.C., 750 anni circa
dopo la fondazione di Roma. Si può
dedurre inoltre che Gesù non sia nato
in inverno poiché i pastori che vennero avvertiti dagli angeli dell’evento
prodigioso della nascita del Messia dormivano all’aperto “In quella stessa
regione c’erano dei pastori che stavano nei campi e di notte facevano la
guardia al loro gregge” (Luca 2:8). Non era certamente costume dei pastori
israeliti passare la notte all’addiaccio, durante l’inverno palestinese che è
sufficientemente rigido.
Molti hanno scelto nel 25 dicembre una data
convenzionale per ricordare la nascita del Salvatore: non è da condannare,
sebbene non corrisponda a verità.
Comunque il cristiano che riconosce nella Parola di Dio l’unica fonte di
verità, è libero dall’ossevanza di giorni stabiliti, stagioni ed altre
ricorrenze rituali. Delle tradizioni Gesù dice qualcosa: “E voi perché
trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione?” (Matteo
15:3); “…Così avete annullato la Parola di Dio a motivo della vostra
tradizione” (Matteo 15: ); “Come sapete bene annullare il comandamento di Dio
per osservare la tradizione vostra!” (Marco 7:9).
La tua celebrazione.
Cosa fai in questo Natale ora che anche tu conosci la verità? Che atteggiamento assumerai davanti agli altri? Sarai ancora ipocrita, o schietto e sincero? Che cosa intendi festeggiare? Adesso cosa ritieni sia più giusto, conformarti all’idea comune o uniformarti alla volontà di Dio? Un cristiano deve sempre scegliere e preferire tra tutto quello che vede, ascolta o gli viene proposto, immancabilmente ciò che è giusto agli occhi di Dio: “Poiché l’orecchio giudica dei discorsi, come il palato assapora le vivande. Scegliamo quello che è giusto, riconosciamo fra noi quello che è buono” (Giobbe 34:3,4).
Giovanni Villari
“Il
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